Ao Rio 2016: Boxe, primo incontro con la squadra olimpica. Guido Vianello lancia la sfida: “A Rio per una medaglia”
Pellegrinaggio laico per gli Azzurri del Pugilato, che oggi hanno fatto visita alla statua bronzea del Pugilatore a riposo, custodita all’interno di palazzo Massimo, a Roma. E se l’opera mirabile, attribuita a Lisippo, conserva dopo oltre due millenni un’aura di mistero, sappiamo invece tutto su intenzioni e aspettative degli alfieri coi guantoni che tra un mese daranno battaglia sul ring del Pavillon Arena di Rio. A interpretare il pensiero di tutti è il capitano Clemente Russo, alla sua quarta olimpiade: “Sento molto il legame con il Pugilatore. Vogliamo tornare qui con le medaglie per metterle al collo di questo atleta di bronzo, che si dice sia di origine italica. Forse il primo vincitore dei Giochi.”
Il team maschile olimpico, guidato dal presidente Alberto Brasca, dal segretario generale Alberto Tappa e dall'head coach Raffaele Bergamasco e Coach Francesco Damiani (presente anche il Fisioterapista - alla sua 4° Olimpiade- Fabio Morbidini), fa il suo ingresso nel plesso museale al gran completo: Manuel Cappai (49 Kg - GS Fiamme Oro), Carmine Tommasone (PRO - 60 Kg), Vincenzo Mangiacapre (GS Fiamme Azzurre - 69 Kg), Valentino Manfredonia (81 Kg - Pug. De Novellis), Clemente Russo (91 Kg - GS Fiamme Azzurre), Guido Vianello (GS Forestale - +91 Kg). Assente la sola Irma Testa, impegnata in un training camp di preparazione in Ucraina. Ad accoglierli la direttrice del Museo, Dott.ssa Rita Paris, cui il Presidente Brasca ha donato un gagliardetto e il Libro dei 100 Anni della FPI.
L’intervista. Olimpiadi. Rio è il presente, ma c’è già l’opzione per Tokio 2020 e quella dopo ancora: “Certo che mi piacerebbe se fosse la mia città, perché nel 2024 avrei ancora l’età giusta per dare il meglio di me.” Cresciuto all’EUR sulla terra rossa del circolo che porta il suo nome, Guido Vianello ha capito che il tennis gli andava stretto dopo aver distrutto un numero imprecisato di racchette per la troppa foga agonistica. “A 15 anni ero già alto 1.93, ma con un padre che da più di 40 anni alleva generazioni di tennisti e una sorella maggiore già avviata con buoni risultati in questo sport, era inevitabile passare da quella esperienza. Il tennis mi ha aiutato a strutturarmi, ma non l’ho mai sentito mio. Non riuscivo a sfogarmi.” Per questo è stato determinate l’incontro con il maestro Italo Mattioli, guru del Team Boxe Roma XI alla Montagnola, la palestra che ha formato anche il campione del mondo WBA Giovanni De Carolis. “Quando mi ha visto gli si sono illuminati gli occhi” chiosa Vianello. Altri quattro anni e poi l’ingresso nella Forestale, sotto l’ala del tecnico pontino Simone D’Alessandri. “Ho esordito da junior nei massimi (fino a 96 kg.) per passare poi nella categoria Youth (+91kg.), che è anche quella olimpica.” Qual è stato il percorso per arrivare a Rio? “Ci sono stati vari tornei. Ho anche incontrato dei campioni del mondo (come l’azero Majidov, ndr), e pur combattendo alla pari, il verdetto è sempre stato a loro vantaggio. L’ultimo posto disponibile per Rio dipendeva dalla vittoria al torneo mondiale di Baku.” Ma lì staccava un solo biglietto. “Ero sereno. Mi sono detto: devo arrivare primo. Piano piano, una finale alla volta.” E così sono passati il brasiliano, il cinese, l’americano e infine l’irlandese. “Quando sono salito sul ring nel match contro Gardiner l’ho guardato negli occhi e ho pensato: tu non vincerai mai, perché a Rio ci voglio andare io.” Ti guida la spensieratezza dei vent’anni o la responsabilità per il compito che ti attende?: “Credo di aver dimostrato di meritare questa qualificazione e quindi vado in Brasile soprattutto per vivere questa grande emozione. Ma non mi limiterò a questo perché l’intenzione è quella di sorprendere tutti e tornare con una medaglia.” Quanto pesa l’eredità di Cammarelle?: “Voglio continuare la tradizione azzurra dei supermassimi. Ma intendo farlo percorrendo la mia strada. Roberto resta un esempio, ora però devo scrivere la storia di Vianello.” I pericoli. “Gli avversari più duri li ho già incontrati, perdendo a causa di verdetti discutibili. Sono più grandi di me per età ed esperienza, ma io ho la freschezza e una grande risolutezza. Quindi siamo alla pari. Chi viene viene, dal primo turno io sono pronto.” Sicurezza e determinazione non comuni in un ragazzo di 22 anni. Cosa pensi dell’apertura ai professionisti? “Prima c’è la medaglia olimpica. D’oro, possibilmente. Poi tutto è possibile.”