Canoa. Colazingari, un oro agli antipodi: "La canoa è amore per la natura"
Ci sono sport che per la pigrizia e l’indifferenza di chi avrebbe il compito di raccontarli, contribuendo così ad alimentare quella “cultura sportiva” di cui tanto si parla, alla fine vengono relegati alla solita vetrina olimpica, per poi sparire dai radar per i successivi quattro anni. Quello che non si riesce a capire è il “perché” di una tale scelta da parte dei mezzi d’informazione. Infatti alcune di queste discipline, proprio in occasione dei Giochi, ottengono share da primato “olimpico”. Roberto Colazingari, 21 anni, sublacense, è uno dei milioni di italiani che ha assistito al trionfo nel K1 di Daniele Molmenti a Londra 2012. Spettatore interessato, Roberto è un “addetto ai lavori”, essendo appena tornato dall’Australia con il titolo iridato U.23 di canoa-slalom. “Cosa ho pensato vedendo scendere Daniele? Solo che sarei voluto essere al suo posto.”. Una speranza che coltiva dall’età di dieci anni, da quando a forza di passare accanto all’Aniene nel tragitto casa-scuola, un giorno decide di approfondire la conoscenza con quel fiume, fino ad allora cornice nella sua esistenza di giovane studente. “Non so cosa mi abbia spinto – confessa Roberto – di sicuro l’amore per la natura. E forse anche la condivisione della scelta con mio fratello Luca, che ha due anni più di me.” Dal 2000 al 2004 gareggia in K1, la stessa specialità di Molmenti, dove si sta seduti mulinando da entrambi i lati una pagaia dalla doppia pala. Ma: “ad un certo punto si è spezzato qualcosa, non mi divertivo più”. Roberto lascia la canoa per percorrere altre strade, ma si accorge presto che si tratta solo di sentieri. Quando può torna a vedere gareggiare il fratello, e alla fine decide di rimontare in barca. Con un piccolo ma decisivo cambiamento. La sua nuova specialità, chiamata C1 dalla “canadese”, prevede l’uso della pagaia incrociata (debordé) e la postura inginocchiata: “molto tecnica”. Ma si tratta della decisione giusta, e i risultati non tardano ad arrivare. Due anni fa conquista il primo oro mondiale under 23. Per Pierpaolo Ferrazzi, suo allenatore e oro a Barcellona ’92 proprio in questa disciplina, si tratta di un “talento puro”. Comunque bisogna armarsi di una grande volontà per far fronte ai disagi che deve affrontare un atleta di punta, che vive tre settimane su quattro lontano da casa. “Soprattutto in inverno dobbiamo emigrare per prepararci al meglio. In Italia, a differenza del resto d’Europa, non esiste un campo di allenamento artificiale, e usare i corsi d’acqua naturali può essere pericoloso.” Questo secondo titolo infatti è maturato…tra le sabbie del deserto. “Mi sono preparato un mese a Dubai, dove è stato creato un meraviglioso circuito a C con annesso impianto di risalita; quindi altri 30 giorni li ho trascorsi vicino Penrith, poco lontano da Sidney, dove poi si sarebbe svolto il Mondiale.” Colazingari, come ogni ventenne, ama la vita piena di cose nuove e sempre nuovi amici: “anche se la lontananza della famiglia ogni tanto si fa sentire.” Ma c’è un Olimpiade nel mirino, e va preparata come si deve: “il prossimo passo intanto sarà qualificarsi per i mondiali assoluti di settembre negli Usa.” L’anno prossimo poi l’Italia si giocherà la partecipazione a Rio 2016 proprio a Londra, dove Roberto assistette al trionfo di Molmenti: “ farò di tutto per esserci, e superare l’emozione.”. Intanto si gode gli affetti di casa, come d’abitudine di ritorno da una trasferta, ma senza dimenticare di far visita a quel fiume, origine del suo essere odierno. “ Quasi tutti sono cresciuti vicino a un campetto, dove hanno tirato i primi calci a un pallone. Ma quei pochi che hanno la fortuna di stare a stretto contatto con la natura, come da queste parti, dovrebbero provare. Basta una volta per innamorarsi.” (nella foto: cosi Subiaco ha accolto il ritorno di Colazingari)