Coni Lazio. Cerimonia di chiusura per l'Educamp Viterbo

Si sono dipinti la faccia di nero. Hanno messo le piume tra i capelli e lanciato frecce come i nativi americani.  I maschietti hanno rifatto il verso ai maori, improvvisando un’improbabile haka, mentre le femminucce tentavano i passettini delle gheise sulle note di Sakamoto, infiocchettate con cappellini giallo limone. Una specie di mini-cerimonia di apertura/chiusura in stile cinque cerchi. Insomma, ce l’hanno messa davvero tutta per dimostrare ai grandi, quelli che li guardavano seduti lì davanti, che questo Educamp a loro piace davvero. Che forse non hanno ben chiaro cosa siano questi “valori” di cui tanto si parla; questo olimpismo, che sembra sia nato tanto tempo fa per portare la pace tra i popoli; ma soprattutto non capiscono il perché di tante chiacchiere con cui gli adulti riempiono il tempo. Il loro desiderio è solo quello di stare insieme, scambiarsi impressioni, fare nuove amicizie, conoscere gli animali, i cavalli, i rapaci (“ma lo sai che il barbagianni di giorno non ci vede?”), sentirsi come un pesce e respirare sott’acqua. E fare tutto questo imparando sport diversi, ogni giorno. Per loro il problema non si pone; l’Educamp l’hanno già promosso. Non sanno nulla di costi e ricavi, della burocrazia, delle amministrazioni. Non rientra nelle loro competenze. Non hanno bisogno delle sovrastrutture dei grandi per capire cosa è bene per un ragazzino di dieci anni. Loro HANNO dieci anni. Anche per questo ce l’hanno messa tutta per far riuscire questa festa. Per mandare a chi di dovere un messaggio il più possibile chiaro. Domani lasceranno il parco dei Cimini, che è stata “casa” nelle ultime tre settimane, dandosi appuntamento per l’anno prossimo; e la speranza nel cuore di tutti è una sola: tornare la prossima estate e ricominciare da capo con una nuova avventura.