I Giovani incontrano i Campioni. Bruno Rivaroli tra gli alunni della "SMS Mazzini" di Roma

Ginevra fa nuoto agonistico, e nonostante abbia solo 11 anni la domanda che pone cela un problema proprio dei più grandi. “Io all’inizio l’avevo preso come un gioco (il nuoto, ndr), poi con le gare è subentrata la ricerca del risultato, e piano piano la caratteristica iniziale, così legata all’aspetto ludico, è andata pian piano sparendo – ha spiegato con una certa rassegnazione – ma esiste una soluzione?”. La richiesta è precisa e la questione merita un approfondimento. Per fortuna Bruno Rivaroli, ex campione europeo di pattinaggio (nella foto di repertorio), stamattina in veste di “insegnante” all’Istituto Mazzini di via delle Carine, ha l’esperienza per fronteggiare la problematica. “Ho vinto il mio primo titolo continentale a 14 anni. E’ stato un momento di grandissima gioia e soddisfazione, accompagnato da una consapevolezza tutta nuova, che per me ci sarebbe stato meno tempo per il divertimento. E’ fondamentale salvaguardare, al di fuori delle gare, il piacere fine a se stesso di praticare lo sport che ami, perché questo è uno degli aspetti che ti inducono a continuare quando i risultati mancano.” Rivaroli ha lasciato le piste dell’agonismo dieci anni fa per intraprendere la carriera di allenatore, e cura la preparazione di allievi dell’età di Ginevra, ben sapendo quanto sia importante, ai fini di non cadere nella tentazione del drop out, la possibilità di conservare la scintilla del gioco. Giorgia esprime invece una curiosità legata all’aspetto caratteriale, che rimanda forse a situazioni vissute, e investe la figura dell’avversario. “Ma tu, come lo consideravi? Lo prendevi in giro quando ti capitava di batterlo?”. “L’ironia non deve mai sconfinare nel dileggio. Questo è un principio basilare, nello sport come nella vita”, risponde il campione al quesito che abbraccia una situazione che rimanda a problematiche più ampie, come il bullismo e la prevaricazione, purtroppo presenti anche e soprattutto tra i più giovani. L’incontro prosegue quindi tra la partecipazione attiva di tutti i presenti, in fila con i fogli tra le mani, ansiosi di porre la domanda che si sono preparati. La paura della gara? “Esiste e va controllata, ma non combattuta. Non è un segnale di cattiva preparazione. Proprio come per un’interrogazione. Possiamo essere preparati, ma l’ansia ci verrà comunque a trovare. L’importante è di avere la consapevolezza che è stato fatto il possibile per arrivare al meglio all’appuntamento. E quello di oggi lo avete preparato per bene.” Applausi.