I Giovani incontrano i Campioni. La Bascelli e il canottaggio: un amore nato tra antilopi e zebre.

“E’ il regalo più bello che mi potessi aspettare. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me.” E’ sinceramente commossa Gabriella Bascelli, destinataria della sorpresa organizzata dal gruppo di alunni dell’Istituto “Cristo Re” di via Acherusio, autori di un video che ripercorre le imprese sportive più importanti della sua carriera di canottiera. “I Giovani incontrano i Campioni”, e talvolta li emozionano. D’altra parte, per questo plesso del Salario che cela tra alte mura campi da calcetto, basket e tennis, oltre a una piscina semiolimpionica e una palestra superattrezzata con tanto di pareti per l’arrampicata, sono già passati grazie al progetto del CONI Lazio Cristina Chiuso, Michele Maffei e Gianni Rivera. “Tutto documentato in questo book” – spiega Stefano Ranieri, professore di educazione fisica di lungo corso e amante dello sport a 360°, presente stamane con il presidente della Fondazione "Cristo Re" Giancarlo Corsi e il presidente del II municipio Giuseppe Gerace. “Sono curioso. Mi informo. Organizzo. In questa maniera ho portato nella scuola il rugby e abbiamo anche creato tre equipaggi di canottaggio, due maschili e uno femminile, per le fasi provinciali degli Studenteschi che si svolgeranno la prima settimana di aprile.” Sembra Cambridge, ma è Roma. “Ho passato la mia adolescenza studiando in un posto simile a questo” – esordisce la Bascelli, cresciuta a Johannesburg ricevendo un’educazione anglosassone, dove lo studio e l’attività sportiva vanno di pari passo “ed è stata la mia fortuna, perché lì mi sono appassionata al canottaggio.” “La passione – ha continuato Gabriella – qualunque essa sia, è il solo motore per raggiungere un risultato. Non è detto che alla fine sia quello sperato, perché nel mezzo, lungo la strada da percorrere, potete incontrare di tutto, ma senza passione di sicuro non arriverete lontano.” La passione, ma anche tanta perseveranza e una buona dose di testardaggine, le hanno consentito di vincere un titolo mondiale U.23 a un anno di distanza dall’incidente di cui fu vittima all’uscita di una discoteca in Sudafrica; una pallottola senza destinatario, esplosa durante uno shooting by run, le staccò una parte della testa del femore e indusse il suo medico a predirle la fine anticipata della sua carriera agonistica. “Cosa facesti allora?” le ha chiesto un ragazzo con l’aria sinceramente preoccupata. “Cambiai medico”. E l’apartheid, come l’hai vissuto? “Prima che Mandela ne decretasse la fine, 20 anni fa, ero ancora troppo piccola per rendermi conto di una tragedia cosi grande; anche se mi colpì molto un fatto successo alle elementari, riguardante la mia compagna di banco, che era di colore e fu costretta a cambiare scuola da un giorno all’altro.” Cosa ti manca del tuo paese? “Vogare in solitudine, all’alba, sul mio lago preferito, vicino Pretoria, con gli animali che si abbeverano lungo la riva: giraffe, zebre, antilopi. Ma devo ammettere che mi è successo di remare sul Tevere, immersa nella luce rossa e viola di quei tramonti estivi, tipici della capitale, che esplodono il cielo sopra San Pietro. Ecco, lì mi è quasi venuto da piangere.”