I Giovani incontrano i Campioni. Manuela Mercuri tra gli alunni dell’I.C. Virgilio
Si parla spesso di sport usando il sostantivo “disciplina”, ma poche volte, come nel caso del tiro con l’arco, tale definizione risulta davvero azzeccata. Senza inoltrarci negli aspetti filosofici (zen) di uno sport basato essenzialmente sulla concentrazione, si può semplicemente affermare che noi stessi siamo il bersaglio e al tempo stesso siamo il nostro avversario. “Da quando pratico questo sport – ha confessato Manuela rivolta alle cinque classi prime, coordinate dalla professoressa Tania Dolce e riunite stamattina nell’aula magna dello storico istituto di via Giulia – il mio rendimento scolastico è migliorato.” La diciannovenne promessa dell’arco azzurro, che frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Roma, è stata la protagonista stamattina dell’incontro del progetto del CONI Lazio “I Giovani incontrano i Campioni”. Un titolo europeo lo scorso anno a Capodistria e uno nazionale indoor pochi mesi fa, entrambi di squadra, l’hanno lanciata nelle primissime posizioni del ranking, ma è lei stessa a spiegare che la strada che ha davanti è molto più lunga di quella percorsa finora. “Sono solo sette anni che pratico il tiro con l’arco. Ho iniziato da zero, mossa solo dalla passione. Quando il mio primo maestro mi ha preso da parte e mi ha detto "non ho più nulla da insegnarti", ne ho cercato un altro perchè volevo andare avanti. E ho notato che alla fine questo sport mi ha modificato anche nel carattere, smussando la mia naturale irruenza.”
Manuela Mercuri ha con sé gli attrezzi del mestiere, e li elenca pezzo per pezzo mentre li assembla. No, non si tratta delle frecce di Hunger Games, ma anche la fiction serve per stabilire un contatto con gli studenti. “Questo è un arco olimpico – spiega Manuela – ed è quello che uso in gara.” Qualcuno tra i ragazzi ha provato il tiro nei villaggi vacanze, e si muove con un minimo di cognizione, ponendo domande mirate. Gli altri si lasciano portare per mano dal racconto. Come hai iniziato? Quanto ti alleni? Perché non vai a Rio? L’attenzione rimane costante per le due ore dell’incontro. Il tiro con l’arco abbatte le barriere. In tempi in cui si parla sempre più di sport integrato, qui siamo un passo avanti perché le competizioni con normodotati e disabili sulla stessa linea di tiro esistono da tempo. Non serve la forza, serve la testa. Talvolta possono addirittura non essere indispensabili le braccia, perché si può scoccare la freccia con la bocca. Qualcuno lo fa. Quello che può sembrare impossibile, con la determinazione diventa praticabile. E questo è un assioma che vale nello sport come nella vita.