Tiro con l'arco, il castellano Pasqualucci nella squadra olimpica: "Un onore e un privilegio". (Ao Rio n.1)
Ha preso il posto di Michele Frangilli, quello dell’ultimo “10” di Londra 2012, la freccia che decretò l’oro per la squadra italiana, ma se gli chiedi quanto pesa un’eredità di questa portata, la risposta è diretta e senza esitazioni: “Non lo definirei un peso. Alla fine è la squadra che conta e va avanti. Nella successione alcuni elementi vengono sostituiti, ma con Michele ho condiviso l’argento mondiale che ci ha spalancato le porte di Rio 2016 e lavoriamo tutti per lo stesso obiettivo.” A dispetto dei 20 anni ancora da compiere, David Pasqualucci da Frascati è uno che ha “bruciato” le tappe in uno sport dove, secondo l’opinione comune, si matura più tardi rispetto alle altre discipline. Tecnicamente David appartiene ancora alla categoria juniores, ma nel tiro con l’arco alla fine sono i punti che fai che contano, e lui nelle ultime gare ne ha fatti davvero tanti. “E poi ci sono due atleti fortissimi (Galiazzo e Nespoli, ndr), che con la loro esperienza sapranno trasmettermi la tranquillità necessaria. A questo punto non devo dimostrare nulla a nessuno, se non a me stesso.” L’incontro con il primo arciere del Lazio ad un’olimpiade dai tempi di Sante Spigarelli, avviene nel corso della presentazione delle nazionali olimpica e paralimpica, che tra un mese saranno chiamate al difficile compito di confermare le strisce positive che le hanno viste ininterrottamente sul podio, rispettivamente, nelle ultime cinque e otto edizioni. Ma come nasce la passione dell’aviere Pasqualucci per il tiro con l’arco? “Nella maniera più casuale. Il campo di quella che poi sarebbe diventata la mia società, gli Arcieri del Tempio di Diana, è a un passo da casa. Ho provato e mi sono appassionato.” Il coach Fabio Pivari annuisce: “David non appartiene alla categoria dei fenomeni, quelli con doti naturali eccelse, ma ciò che gli manca sotto il profilo dell’estro, lo compensa ampiamente con il lavoro e la passione.” Si può confermare Londra 2012? “Difficile, ma non impossibile.” Quali gli avversari più difficili? “I soliti coreani, per la loro tradizione. Ma oggi sono molti a gareggiare ad altissimo livello. Le nuove tecnologie mettono tutti alla pari.” L’Italia è la sola nazione europea ad aver qualificato sia la squadra femminile che la maschile. Un motivo di orgoglio, ma anche di riflessione per uno sport nel quale si compete principalmente contro se stessi. “Nessuna meditazione orientale. Semplicemente un supporto psicologico per allentare lo stress.” Metodi di rilassamento adottati? “Stare con i miei cari.” Figure di riferimento o esempi da seguire? “Nessuno in particolare, ma cerco di prendere il meglio di tanti.”
Claudia Mandia, 23 anni, è in forza alle Fiamme Azzurre e tira per gli Arcieri Torrevecchia sotto la guida di Fabio Olivieri. Viene da Battipaglia, ma ha da tempo lasciato la terra delle mozzarelle per prepararsi all’olimpiade carioca all’ombra del cupolone. Con le compagne Lucilla Boari e Guendalina Sartori si è guadagnata la qualificazione grazie al terzo posto in coppa del mondo ad Antalya. “Un turista inglese in vacanza dalle mie parti un giorno costruì un arco con un legno ricurvo e me lo regalò. Forse si trattava di predestinazione.” Anche lei è alla prima esperienza a cinque cerchi, ma guai a chiederle un pronostico: ”Andiamo lì per fare la nostra parte. Certo, una medaglia è nei nostri sogni. Prima però devo realizzare che sto veramente per affrontare questa avventura.” Emozione? “Tanta”.