Giorno della Memoria, storie ed emozioni al Circolo Canottieri Roma
Profonda emozione al Circolo Canottieri Roma, in occasione della tradizionale celebrazione del Giorno della Memoria. Da anni, la sede di Lungotevere Flaminio 39 si ferma per ricordare le vittime della Shoah e salutare ancora una volta Saverio Coen e Boris Landsman, i due soci che perirono nell’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944. E stavolta si è aggiunta un’emozione in più, grazie a un incontro che ha poi caratterizzato la giornata.
Dopo il benvenuto del Presidente del Circolo, Andrea Tinarelli, e l’accensione della candela per le vittime, il socio Italo Massimo Amati, da sempre animatore dell’iniziativa al Canottieri Roma, ha introdotto il tema principale della giornata, ossia le vicende legate ai campi di concentramento che furono allestiti su suolo italiano. Strutture in cui furono deportati cittadini italiani e stranieri di religione ebraica, civili bollati come “pericolosi” e oppositori politici in genere, da smistare successivamente nei campi di concentramento fuori dai confini nazionali.
In particolare, sono state raccontate le storie di Ferramonti di Tarsia (Cosenza) – dove tra gli altri fu imprigionato anche Alfred Wiesner, partigiano e geniale ingegnere che inventò il sistema di produzione industriale del gelato Algida – e di Campagna (Salerno), dove si ritrovarono gli eroici medici Maks Tanzer e Chaim Pajes. Proprio nel campo di Ferramonti nacque la signora Elvira Frankel, ospite stamani del Circolo, che ha così potuto salutare Giuseppe Pajes, figlio di Chaim e oggi primario cardiologo degli ospedali riuniti di Albano e Genzano. Probabilmente fu proprio Chaim Pajes, prigioniero a Ferramonti dal 1940 al 1941, ad assistere alla nascita e a prestare le cure del caso a Elvira Frankel.
A completare le celebrazioni al Circolo Canottieri Roma, le sempre struggenti note di “Ani Ma’amin“, scritte dal rabbino cantore Azriel David Fastag sul treno verso Auschwitz e diventate il canto finale, il niggun con cui gli ebrei si avviavano alle camere a gas. Dunque gli occhi lucidi, gli abbracci, le strette di mano. Un messaggio silenzioso eppure fortissimo da lanciare: “Mai più”.