giuseppe presutti - Premio del Ricordo
Giuseppe Presutti era il decano dei giornalisti sportivi della Capitale. Classe 1928, Peppe ci ha lasciato all’inizio dello scorso novembre. Ha guidato per vent’anni la redazione sportiva de Il Tempo con passione e dedizione assoluta. Nel suo giornale, Presutti, non perdeva una notizia. Non amava solo il calcio, per il quale aveva una passione speciale, fede giallorossa la sua, ma ogni disciplina. Non c’erano i mezzi di comunicazione di oggi, ma Peppe non trascurava nulla. Quando dirigeva le pagine sportive del Tempo, ogni notte telefonava in redazione intorno all’una per informarsi di cosa era accaduto e, in una sorta di mini rassegna stampa con i quotidiani freschi di stampa che arrivavano in piazza Colonna, verificare la concorrenza.
Dopo gli esordi a Momento Sera e a Tuttosport, Presutti è diventato responsabile delle pagine sportive del quotidiano romano nel ‘68, nell’epoca d’oro di Renato Angiolillo, proseguendo fino al 1987 con la direzione di Gianni Letta. A lungo inviato al seguito di Roma e Lazio, ha ampliato la cerchia delle sue pagine aggiungendo al calcio romano uno sguardo appassionato sulle altre discipline, ciclismo, tennis, pugilato e baseball, atletica, basket. Pepote per tutti coloro che lavoravano con lui, lasciato il giornale è stato capo ufficio stampa del Pescara e, negli anni degli esordi, volto delle prime televisioni locali romane. (al centro nella foto Piercarlo Presutti, figlio di Peppe e caporedattore dell'ANSA)
Una lunga carrellata di volti emozionati ha raccontato, al Salone d’Onore del Coni, il 2015 della Fipsas: un anno agonistico che passerà alla storia. Sono state ben 101 infatti le medaglie conquistate: 43 d’oro, 34 d’argento e 24 di bronzo e tutte sono state ricordate con la “Cerimonia di premiazione Azzurri Fipsas Medagliati 2015”, una vera e propria festa per la storica federazione italiana che si è raccolta intorno agli atleti, ai tecnici e alle squadre che hanno vinto medaglie durante i Campionati mondiali ed europei e nei Mediterranean Beach Games del 2015.
Alla premiazione erano presenti, oltre ai protagonisti, il segretario generale del Coni Roberto Fabbricini, Franco Chimenti Presidente Coni Servizi SpA, Riccardo Viola Presidente Coni Lazio, il presidente nazionale Fipsas Claudio Matteoli, il segretario generale Pasqualino Zuccarello, i presidenti dei settori agonistici, Maurizio Natucci (settore acque interne), Antonio Gigli (settore mare), Alberto Azzali (settore attività subacquee), Carlo Allegrini (settore nuoto pinnato) e Gianfranco Frascari (presidente didattica subacquea) e tutte le persone che a vario titolo hanno contributo alla realizzazione di questo sogno.
GIORGIO ROSSI - Premio Comitato Lazio
«Giorgio Rossi è come la legge: è uguale per tutti». La definizione è di Francesco Totti, che con queste parole spiega perfettamente perché Giorgio Rossi ha lavorato per ben 55 anni nella Roma, divenendo un simbolo e un prezioso testimone della storia della società giallorossa. Alla sua capacità nel trattare i muscoli dei calciatori, infatti, ha sempre unito un’umanità e una discrezione fuori dal comune che gli hanno valso la stima incondizionata di chiunque sia passato per Trigoria. L’avventura di Giorgio Rossi con la Roma inizia nel 1957. Vigile del fuoco, ma iscritto alla scuola di massaggiatori sportivi del CONI, mentre sta portando un ferito al pronto soccorso incontra un infermiere della Roma che gli chiede di sostituirlo per un torneo giovanile a Sanremo. Si fa subito apprezzare e un mese dopo firma il suo primo contratto. Per 22 anni si occupa del settore giovanile. Nel 1979 viene spostato alla prima squadra, con cui ha lavorato fino alla meritata pensione, arrivata nel 2012. Fino a quel giorno è sempre stato un punto di riferimento per tutti i giocatori, presidenti e allenatori che negli anni si sono alternati, custodendone segreti, vizi e virtù. Tantissimi gli aneddoti che hanno accompagnato i suoi 55 anni con la Roma, da Pruzzo che gli regalava 50.000 lire per ogni gol e dopo averne segnati 5 all’Avellino gli staccò un assegno da 1 milione, a Batistuta che quando andò via gli lasciò le chiavi del suo armadio regalandogli tutto ciò che c’era dentro, fino alla cioccolata passata di nascosto a Di Bartolomei, la birra a Voeller o la crostata a Falcao. Il suo intervento fu decisivo per salvare la vita a Lionello Manfredonia, colto da arresto cardiaco a Bologna il 30 dicembre 1989.
maurizio manzini - Premio Comitato Lazio
Dal 1988 al 2016 su una panchina. Nessuno in Europa come lui. Quarantacinque anni alla Lazio prima da collaboratore e poi da direttore sportivo. Maurizio Manzini, è il dirigente che più di ogni altro in serie A si è seduto al fianco di allenatori. Guide tecniche che sono cambiate inevitabilmente lasciando a lui la linea di continuita’. Da Tommaso Maestrelli ad Eugenio Fascetti, da Dino Zoff a Stefano Pioli passando per tanti altri mister che si sono alternati in biancoceleste. Uomo dei cambi in campo e spesso delle relazioni con arbitri e delegati, è il team manager per antonomasia. Con lui ogni trasferta è sempre preparata in ogni dettaglio non lasciando mai nulla al caso per professionisti esigenti come lo sono in particolare i calciatori di serie A. Utilizzato dalla Societa’ Sportiva Lazio in diversi ruoli conosce perfettamente cinque lingue e potrebbe scrivere il libro più completo della storia biancoceleste degli ultimi anni. È la memoria storica avendo vissuto gli anni più difficili e le vittorie più esaltanti allo stesso tempo. Con discrezione e professionalita’ è stato protagonista in panchina nei due scudetti laziali. Quello del 1974 con Tommaso Maestrelli a cui lo legava un rapporto speciale e quello con Eriksson vincendo due coppe internazionali, non ultime la coppa delle Coppe e la Supercoppa europea, cinque coppe Italia e tre Supercoppe nazionali. Trofei che spesso ha dovuto gestire e portare in visita ai tifosi.
DONATO RUSSO - Premio Stefano Simoncelli
Da 45 anni il Maestro Donato Russo insegna l’arte della scherma, soprattutto ai giovani. Lo fa con enorme passione, grande competenza e al contempo con dolcezza, perché lo sport è vita e non solo agonismo. A Roma sono in pochi quelli che hanno preso in mano un’arma, sciabola, fioretto o spada che sia, che non conoscono il Maestro Russo. L’insegnamento e la scherma sono da sempre la sua vita. Il primo approccio con la scherma lo ha avuto all’Isef di Torino, dove si diploma a metà degli anni ‘60. Finiti gli studi accademici diventa professore, e passa il concorso ministeriale per approdare all’Accademia di Scherma di Roma dove per tre anni impara l’arte della scherma con il direttore dell’epoca, l’indimenticato olimpionico Giorgio Pessina. Diplomatosi Maestro di scherma, dal 1968 al 1970 insegna la mattina educazione fisica al liceo e il pomeriggio nei centri di avviamento alla scherma del CONI allo Stadio Flaminio. Poi passa all’agonistica come Maestro e nel 1975 diventa responsabile del Centro Federale fino al 1978, quando approda al Club Scherma Roma. Dopo la tragica uccisione della figlia Marta, grande promessa della scherma, fonda una società sportiva che porta il suo nome allevando giovani campioni. Dopo l’intitolazione dell’Istituto comprensivo di Trigoria a Marta Russo, Donato Russo accoglie le richieste dei genitori degli studenti che gli chiedono di fondare una società schermistica e insegnare scherma nell’istituto. Dopo 45 anni, sempre con la stessa passione, ancora tramanda l’arte della scherma ai giovani.