Curve, sampietrini, tornanti, rettilinei, lo strappo in salita di Viale Giotto e la successiva discesa su viale delle Terme di Caracalla prima dell’arrivo: tecnica e adrenalina caratterizzano l’ormai noto percorso del Gran Premio della Liberazione.
Per i migliori dilettanti under 23 d’Italia e del mondo vietato distrarsi: chi vince il Mondiale di Primavera ha ottime credenziali per il passaggio al professionismo ma non bisogna rimanere troppo incantati dal fascino del circuito (6 chilometri per 23 giri: 138 complessivi) perché nasconde molti tranelli: occorre scaltrezza e, soprattutto, sapersi trovare al posto giusto nel momento giusto.
Dal 2009 a Caracalla manca una vera volata di gruppo (vittoria di Sacha Modolo), nelle ultime tre edizioni il vincitore è riuscito ad evitare lo sprint (lo sloveno Jan Tratnik nel 2010, Matteo Trentin nel 2011 ed Enrico Barbin lo scorso anno). Difficile fare un pronostico secco: tra i 170 corridori in rappresentanza di 34 squadre il nome di spicco è quello di Ignazio Moser (BMC Development Team). Suo padre Francesco si rese protagonista al Liberazione nel 1972 (allora gara pre-olimpica per la selezione degli azzurri ai Giochi di Monaco di Baviera in Germania) con un terzo posto dietro il russo Juri Osincev e Tuillo Rossi sull’inedito traguardo di Cerveteri a nord- ovest della Capitale. Domani Moser junior, azzurro della pista, ritorna a Caracalla: nel 2011 al suo primo Liberazione tra gli under 23 tentò la fuga da lontano ma non andò oltre la ventottesima posizione. Si presenta con una nuova squadra (vivaio della formazione professionistica BMC di Cadel Evans e dell’iridato Philippe Gilbert) potendo contare della freschezza di un giovanissimo compagno di squadra: lo svizzero Stefan Kung (1994) rivelazione di questo mese di aprile vincendo a Pasquetta il Giro del Belvedere in Veneto.
Occhi puntati sull’Australia (6 volte sul podio nelle ultime 8 edizioni) con Caleb Ewan (vincitore in stagione del Palio del Recioto) e Damien Howson (bronzo mondiale under 23 a cronometro nel 2012) che si presentano come potenziali candidati al successo forti dei trascorsi in pista da campioni nazionali e del mondo nella categoria juniores. La matricola Ewan, classe 1994, ha l’occasione per prendersi la rivincita sul coetaneo Matej Mohoric: l’atleta sloveno, anche lui al via a Roma, gli ha soffiato la maglia di campione del mondo juniores nel 2012 sul traguardo olandese di Valkenburg.
L’ex tricolore juniores 2009 Andrea Zordan (Zalf Euromobil-Desirée Fior), plurivittorioso ad oggi con 5 successi, guida la pattuglia degli italiani: scalpitano per un posto al sole anche il compagno di squadra Federico Zurlo (molto legato a Roma per aver vinto il tricolore di ciclocross juniores alle Capannelle nel 2011); Davide Villella (Team Colpack) terzo lo scorso anno dietro Enrico Barbin e Andrea Fedi; Davide Martinelli (Food Italia-MG K Vis Norda) figlio di Giuseppe team manager dell’Astana di Vincenzo Nibali; Michele Scartezzini (Trevigiani Dynamon Bottoli) a segno pochi giorni fa al Trofeo Piva; il campione europeo juniores a cronometro 2011 Alberto Bettiol (GS Mastromarco) vincitore all’apertura stagionale della Firenze-Empoli nonché compagno di squadra del romano Valerio Conti, assente per scelta tecnica dopo il recente trionfo al Gran Premio Artigianato e Commercio di Stabbia in Toscana.
La De Sisti vince il suo terzo derby della stagione e si assesta al terzo posto della classifica a 7 punti da una ormai inarrivabile Amsicora Cagliari che a tre giornate dalla fine sembra lanciata verso la conquista del titolo . Per la Roma la certezza matematica di essere presente nel play off delle deluse per la conquista del secondo posto in Europa. La partita è stata preceduta dall’inaugurazione ufficiale del campo con la presenza del Sindaco Alemanno, del delegato allo sport Cochi, del Presidente del XII Municipio Calzetta e di numerosi consiglieri municipali ( Del Poggetto, Pollak, Santoro, Massaro ) e comunali come Paolo Masini. Presenti il Presidente della FIH Luca Di Mauro, con i consiglieri Scalisi e Corso, ed il Presidente del Coni Regionale Riccardo Viola. La partita è stata combattuta come di solito nei derby, con la De Sisti Acea Roma in vantaggio al 12’ con Pato Mongiano su corto . Al 9’ del secondo tempo un passaggio corto di Mattia Pretti innescava un contropiede dei teverini che si concludeva con un atterramento di Corsi da parte di Eugenio Ardito (qualche dubbio se accaduto in area … ) con conseguente rigore trasformato da Lorenzo Dussi . La Roma dopo un periodo un po’ sotto tono , riprende il controllo della metà campo e su un attacco dalla destra di Fernando Gonzalez è Daniele Malta a deviare in rete rendendo vano il tentativo di parata di Pompili . E’ il goal pesante del 2 a 1 e dei tre punti. (foto Di Majo)
“Ho ritrovato la tranquillità e il divertimento nel fare quello che in fondo faccio da quando avevo 6 anni”. Oggi di anni Maria Marconi ne ha 28 e ha deciso, con grande serenità, che non vale la pena aggiungere complicazioni inutili a un percorso sportivo che la vita ha già messo duramente alla prova. Pochi giorni fa ha messo in partica questa intuizione filosofica dando concretezza alla sua partecipazione agli Assoluti indoor di Torino con tre medaglie d’oro: trampolino 1 e 3 metri e sincro, e bissando così i successi ottenuti ai Campionati di categoria di Trieste, solo poche settimane prima. “Il mio allenatore me l’ha proposto e io ho accettato. Avevo abbandonato il sincro dopo l’esperienza con Tania (Cagnotto, ndr), forse per mancanza di motivazioni, forse anche per l’accumularsi dei carichi di lavoro. Oggi non mi pesa più e mi diverto.” Se non si rischiasse qui l’accusa di blasfemia (Maria è tesserata Lazio Nuoto, oltre che Fiamme Gialle), verrebbe quasi da accomunare la sua esperienza a quella di Francesco Totti. Infortuni, talento, gioia e passione contribuiscono a formare, in misura diversa, il curriculum di ogni atleta, anche se sono pochi, pochissimi quelli che riescono a trarre forza proprio dagli episodi sfortunati.
Maria c’è riuscita. Dopo l’intervento correttivo per la tachicardia nel 2010, cui erano seguiti mesi di tranquillità e anche di risultati, come dimostrano i quarti posti dell’Europeo di Torino e del Mondiale a Shangai, qualcosa aveva iniziato a scricchiolare. “Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 i dolori alla schiena si erano fatti insopportabili e le gambe non rispondevano più.” Inizia la fase di “ricognizione” alla ricerca del problema, il periodo più difficile, quello che ti può mettere a terra, soprattutto psicologicamente. Maria è fortunata, si rivolge al centro Atlas, su suggerimento del fratello Tommaso e la diagnosi fino a quel momento fumosa appare finalmente chiara: lesione al nervo femorale, probabilmente dovuta al precedente intervento. Seguono lunghi mesi di terapia e ginnastica posturale per riprendere a saltare. “Agonisticamente parlando, sono stata bloccata da febbraio a ottobre 2012. Londra poteva essere la mia terza Olimpiade, ma l’ho vista solo in TV.” Paradossalmente, è proprio nel corso di quest’ultimo stop che matura la convinzione di essere in grado di fare tutto. “Come si dice: o la va o la spacca. La vita mi ha messo alla prova, e mi ha fatto anche capire che una volta superato il problema, allora dipende solo da me. E’ come se mi fossi aperta al mondo per la prima volta, ho imparato a smussare alcuni lati del mio carattere, e affronto gli impegni, anche quelli sportivi, con spirito nuovo.”
Dopo oltre 20 anni di tuffi e una quantità di risultati internazionali, Maria non ha niente da dimostrare, se non superare se stessa. Questa consapevolezza le dona una serenità particolare anche fuori dalla vasca. “La mattina mi alleno, anche più di quanto mi viene richiesto, ma il pomeriggio sono libera. Mi fa piacere seguire i bambini del nuoto della società di mia madre e adoro dedicare del tempo a me stessa e ai miei cani, un golden retriver, un labrador e una meticcia. Le sfide non mi hanno mai fatto paura. Ora so di poterle affrontare senza pressioni, una alla volta.”
Il 25 aprile prossimo si correrà la 68^ edizione del Gran Premio Liberazione, conosciuto anche come “Mondiale di Primavera”, una delle manifestazioni sportive più longeve della Capitale, seconda solo al Concorso ippico di piazza di Siena. Ma si sa, la crisi non scende a patti né con la tradizione né con il prestigio, e il momento è di quelli neri per tutti, anche se nessuno vuole mollare. “La storia della corsa ci consegna la responsabilità di mantenerla in vita, nonostante le difficoltà” ha scandito dal palco l’83enne Eugenio Bomboni che dagli anni 60 ha legato il suo nome alla corsa più ambita a livello dilettantistico e ora è presidente onorario del Velo Club Primavera.
Si cercano fondi, si fa appello agli sponsor, tentando di sventolare l’esca del turismo come appeal di contorno, e qui non servirebbero neanche tante parole: l’Aventino, le Terme di Caracalla, il Colosseo; quale città potrebbe offrire una scenografia come questa?
Fare sport godendo delle bellezze cittadine; un tema caro anche al presidente Viola. “Il Coni Lazio è vicino in termini di promozione a ogni evento capace di coinvolgere attraverso una serie di iniziative collaterali aperte, in modo che i romani si riapproprino della bicicletta – ha sottolineato riferendosi alle novità introdotte con l’edizione 2013, che prevede una crono per cicloamatori, una gara per giovanissimi e perfino una “passeggiata” verso le bellezze dell’Appia Antica per i cicloturisti. Per il presidente del Velo Club Primavera Andrea Novelli “l’intenzione è di coinvolgere sempre più la città, ribadendo senza sosta l’importanza delle due ruote ecologiche e soprattutto di una circolazione sicura”. In tutto questo il rischio, forse, è quello di dimenticare l’aspetto tecnico di una competizione unica nel suo genere, da sempre vetrina privilegiata di talenti da ogni parte del mondo. Anche quest’anno la squadra da battere sarà quella australiana, proveniente da un paese immenso, dove le distanze si contano in ore di volo, ma con un governo che sostiene la bicicletta e i suoi utenti. Già. Perché in fondo, se davvero come afferma il maestro Enrico Benaglia, che al “Liberazione” ha dedicato la locandina dell’evento “lo sport può dare lo sprint all’arte”, allora è solo una questione di volontà. Con la partecipazione e l’impegno di tutti. (FB)
Meglio di cosi davvero non poteva andare. Il Mondiale Cadetti di Porec ha incoronato Camilla Mancini campionessa iridata individuale e a squadre di fioretto. Per la 18enne atleta delle Fiamme Gialle che si allena alla Scherma Frascati, si tratta della consacrazione di una stagione al top, dove nella categoria U 20 ha vinto tutto il possibile, dalle gare di World cup ai titoli nazionali. “Ci speravo, ma non ci credevo molto. Il Mondiale è una gara a sé e basta una piccola disattenzione per rovinare tutto.” In realtà Camilla, il suo momento di defaillance l’ha anche vissuto, durante l’assalto più duro, quello contro la francese Mpah-Njanga, quando l’avversaria era in vantaggio 14-11. “Per un momento ho pensato di aver buttato via tutto, poi ho ritrovato forza e concentrazione per superare in rimonta la Mpah-Njanga 15-14. Forse, questo mi ha dato lo sprint per affrontare al meglio l’ostacolo più pericoloso, l’americana Kiefer”. A Lee Kiefer bronzo mondiale assoluto, 5^ alle Olimpiadi di Londra, Camilla rifila un 15-9 che dice tutto. A quel punto tra lei e il titolo c’è solo la russa Pirieva, e l’azzurra chiude la pratica con un 15-12.
Una veloce esperienza in piscina, abbandonata già a 5 anni per la pedana. “Non amavo molto il nuoto, così mio padre Pietro, pentatleta, mi suggerì di provare la scherma”. I primi anni li trascorre ad Anzio, dove vive con la famiglia prima del trasferimento a Frascati e dell’approdo presso una delle scuole più titolate d’Italia. Nella società castellana viene accolta subito sotto l’ala di Salvatore Di Naro, allenatore, tra gli altri, di Valerio Aspromonte. “Aveva per me sempre un occhio di riguardo, ero la più piccolina del gruppo”. Seguirà quindi l’esperienza più formativa, quella con il compianto Stefano Simoncelli. “Una persona eccezionale, dal punto di vista tecnico e umano, che mi ha insegnato a capire i miei errori per essere in grado di migliorare.” E per ultimo, l’attuale guida tecnica di Camilla, Marco Ramacci. “E’ il più giovane dei tre. Con lui il rapporto, sempre nel rispetto dei ruoli, è quasi alla pari. Nel senso che c’è anche amicizia, vista la vicinanza di età.” Amicizia che regna anche nella squadra azzurra. “Soprattutto con Francesca (Colombo, ndr), con la quale ho diviso gran parte del percorso sportivo e molte esperienze”. Si sta preparando per il grande salto Camilla Mancini, che la prossima settimana volerà con la prima squadra, prima a Seul e poi a Shangai per la World cup. “Il mio modello ideale? Un bel mix di Elisa (Di Francisca), Arianna (Errigo), che adesso si allena con noi a Frascati, Valentina (Vezzali) con la sua grinta e naturalmente anche Ilaria (Salvatori), che conosco in pratica da sempre.” Proprio come in una partitura musicale, grande passione di Camilla, dove s’incontrano armonicamente fiati, archi e percussioni, dando vita a uno spartito perfetto. “Stile Pink Floyd, per intenderci”. (F.B.)