
ANDREA SCOZZESE - Premio del Ricordo
Inventare qualcosa di nuovo in uno sport popolare come la pallavolo è impresa ardua. Andrea Scozzese c’è riuscito. E non veniva da quel mondo, ma era uno sportivo convinto: pallamano, corsa e ciclismo le sue passioni. La prima praticata ad alto livello, incluse presenze nella selezione azzurra. La corsa e la bicicletta invece sono state le sue attività amatoriali. Credeva nei valori più puri che solo lo sport sa trasmettere. Un giorno ha scoperto la pallavolo e se ne è innamorato. Così ha deciso così di dare vita a un progetto rivoluzionario che in pochi anni ha ricevuto consensi da tutto il mondo del volley italiano. Lo ha chiamato Volleyrò e fin dall’avvio ha rappresentato un modo di vivere la pallavolo differente. Solo ragazze delle categorie giovanili, prima romane poi da tutta Italia, accolte in strutture stile college. Seguite quotidianamente prima nello studio e poi nello sport. Idea straordinaria in un paese come il nostro dove la scuola non è, certo senza colpe, dalla parte dello sport. Nel giro di pochi anni il progetto è cresciuto con decine di società satellite collegate in Italia, incluse le squadre di vertice. Diversi tecnici tra i più quotati in Italia sono entrati nella corte di Volleyrò sposando il progetto incondizionatamente. Poi nel 2011, grazie alla sua caparbietà e managerialità Scozzese ha convinto le istituzioni ad aiutarlo a realizzare un palazzetto, il Palavolleyrò, divenuto la casa romana del volley e del beach volley. Nel 2014 arriva un grande riconoscimento per lui, quando la Federvolley gli affida la direzione del Col romano dei Mondiali di pallavolo femminili. Poi una notte di dicembre, vicino Cortina d’Ampezzo, di ritorno da una partita amichevole delle ragazze del Volleyrò, un terribile incidente stradale ha portato via Andrea Scozzese. Un uomo di sport, un dirigente illuminato, una figura indimenticabile per la pallavolo.

giuseppe presutti - Premio del Ricordo
Giuseppe Presutti era il decano dei giornalisti sportivi della Capitale. Classe 1928, Peppe ci ha lasciato all’inizio dello scorso novembre. Ha guidato per vent’anni la redazione sportiva de Il Tempo con passione e dedizione assoluta. Nel suo giornale, Presutti, non perdeva una notizia. Non amava solo il calcio, per il quale aveva una passione speciale, fede giallorossa la sua, ma ogni disciplina. Non c’erano i mezzi di comunicazione di oggi, ma Peppe non trascurava nulla. Quando dirigeva le pagine sportive del Tempo, ogni notte telefonava in redazione intorno all’una per informarsi di cosa era accaduto e, in una sorta di mini rassegna stampa con i quotidiani freschi di stampa che arrivavano in piazza Colonna, verificare la concorrenza.
Dopo gli esordi a Momento Sera e a Tuttosport, Presutti è diventato responsabile delle pagine sportive del quotidiano romano nel ‘68, nell’epoca d’oro di Renato Angiolillo, proseguendo fino al 1987 con la direzione di Gianni Letta. A lungo inviato al seguito di Roma e Lazio, ha ampliato la cerchia delle sue pagine aggiungendo al calcio romano uno sguardo appassionato sulle altre discipline, ciclismo, tennis, pugilato e baseball, atletica, basket. Pepote per tutti coloro che lavoravano con lui, lasciato il giornale è stato capo ufficio stampa del Pescara e, negli anni degli esordi, volto delle prime televisioni locali romane. (al centro nella foto Piercarlo Presutti, figlio di Peppe e caporedattore dell'ANSA)

Una lunga carrellata di volti emozionati ha raccontato, al Salone d’Onore del Coni, il 2015 della Fipsas: un anno agonistico che passerà alla storia. Sono state ben 101 infatti le medaglie conquistate: 43 d’oro, 34 d’argento e 24 di bronzo e tutte sono state ricordate con la “Cerimonia di premiazione Azzurri Fipsas Medagliati 2015”, una vera e propria festa per la storica federazione italiana che si è raccolta intorno agli atleti, ai tecnici e alle squadre che hanno vinto medaglie durante i Campionati mondiali ed europei e nei Mediterranean Beach Games del 2015.
Alla premiazione erano presenti, oltre ai protagonisti, il segretario generale del Coni Roberto Fabbricini, Franco Chimenti Presidente Coni Servizi SpA, Riccardo Viola Presidente Coni Lazio, il presidente nazionale Fipsas Claudio Matteoli, il segretario generale Pasqualino Zuccarello, i presidenti dei settori agonistici, Maurizio Natucci (settore acque interne), Antonio Gigli (settore mare), Alberto Azzali (settore attività subacquee), Carlo Allegrini (settore nuoto pinnato) e Gianfranco Frascari (presidente didattica subacquea) e tutte le persone che a vario titolo hanno contributo alla realizzazione di questo sogno.
GIORGIO ROSSI - Premio Comitato Lazio
«Giorgio Rossi è come la legge: è uguale per tutti». La definizione è di Francesco Totti, che con queste parole spiega perfettamente perché Giorgio Rossi ha lavorato per ben 55 anni nella Roma, divenendo un simbolo e un prezioso testimone della storia della società giallorossa. Alla sua capacità nel trattare i muscoli dei calciatori, infatti, ha sempre unito un’umanità e una discrezione fuori dal comune che gli hanno valso la stima incondizionata di chiunque sia passato per Trigoria. L’avventura di Giorgio Rossi con la Roma inizia nel 1957. Vigile del fuoco, ma iscritto alla scuola di massaggiatori sportivi del CONI, mentre sta portando un ferito al pronto soccorso incontra un infermiere della Roma che gli chiede di sostituirlo per un torneo giovanile a Sanremo. Si fa subito apprezzare e un mese dopo firma il suo primo contratto. Per 22 anni si occupa del settore giovanile. Nel 1979 viene spostato alla prima squadra, con cui ha lavorato fino alla meritata pensione, arrivata nel 2012. Fino a quel giorno è sempre stato un punto di riferimento per tutti i giocatori, presidenti e allenatori che negli anni si sono alternati, custodendone segreti, vizi e virtù. Tantissimi gli aneddoti che hanno accompagnato i suoi 55 anni con la Roma, da Pruzzo che gli regalava 50.000 lire per ogni gol e dopo averne segnati 5 all’Avellino gli staccò un assegno da 1 milione, a Batistuta che quando andò via gli lasciò le chiavi del suo armadio regalandogli tutto ciò che c’era dentro, fino alla cioccolata passata di nascosto a Di Bartolomei, la birra a Voeller o la crostata a Falcao. Il suo intervento fu decisivo per salvare la vita a Lionello Manfredonia, colto da arresto cardiaco a Bologna il 30 dicembre 1989.

maurizio manzini - Premio Comitato Lazio
Dal 1988 al 2016 su una panchina. Nessuno in Europa come lui. Quarantacinque anni alla Lazio prima da collaboratore e poi da direttore sportivo. Maurizio Manzini, è il dirigente che più di ogni altro in serie A si è seduto al fianco di allenatori. Guide tecniche che sono cambiate inevitabilmente lasciando a lui la linea di continuita’. Da Tommaso Maestrelli ad Eugenio Fascetti, da Dino Zoff a Stefano Pioli passando per tanti altri mister che si sono alternati in biancoceleste. Uomo dei cambi in campo e spesso delle relazioni con arbitri e delegati, è il team manager per antonomasia. Con lui ogni trasferta è sempre preparata in ogni dettaglio non lasciando mai nulla al caso per professionisti esigenti come lo sono in particolare i calciatori di serie A. Utilizzato dalla Societa’ Sportiva Lazio in diversi ruoli conosce perfettamente cinque lingue e potrebbe scrivere il libro più completo della storia biancoceleste degli ultimi anni. È la memoria storica avendo vissuto gli anni più difficili e le vittorie più esaltanti allo stesso tempo. Con discrezione e professionalita’ è stato protagonista in panchina nei due scudetti laziali. Quello del 1974 con Tommaso Maestrelli a cui lo legava un rapporto speciale e quello con Eriksson vincendo due coppe internazionali, non ultime la coppa delle Coppe e la Supercoppa europea, cinque coppe Italia e tre Supercoppe nazionali. Trofei che spesso ha dovuto gestire e portare in visita ai tifosi.