DONATO RUSSO - Premio Stefano Simoncelli
Da 45 anni il Maestro Donato Russo insegna l’arte della scherma, soprattutto ai giovani. Lo fa con enorme passione, grande competenza e al contempo con dolcezza, perché lo sport è vita e non solo agonismo. A Roma sono in pochi quelli che hanno preso in mano un’arma, sciabola, fioretto o spada che sia, che non conoscono il Maestro Russo. L’insegnamento e la scherma sono da sempre la sua vita. Il primo approccio con la scherma lo ha avuto all’Isef di Torino, dove si diploma a metà degli anni ‘60. Finiti gli studi accademici diventa professore, e passa il concorso ministeriale per approdare all’Accademia di Scherma di Roma dove per tre anni impara l’arte della scherma con il direttore dell’epoca, l’indimenticato olimpionico Giorgio Pessina. Diplomatosi Maestro di scherma, dal 1968 al 1970 insegna la mattina educazione fisica al liceo e il pomeriggio nei centri di avviamento alla scherma del CONI allo Stadio Flaminio. Poi passa all’agonistica come Maestro e nel 1975 diventa responsabile del Centro Federale fino al 1978, quando approda al Club Scherma Roma. Dopo la tragica uccisione della figlia Marta, grande promessa della scherma, fonda una società sportiva che porta il suo nome allevando giovani campioni. Dopo l’intitolazione dell’Istituto comprensivo di Trigoria a Marta Russo, Donato Russo accoglie le richieste dei genitori degli studenti che gli chiedono di fondare una società schermistica e insegnare scherma nell’istituto. Dopo 45 anni, sempre con la stessa passione, ancora tramanda l’arte della scherma ai giovani.

Sette appuntamenti a partire da lunedì prossimo, 14 marzo, dedicati alla formazione dei tutor impegnati nel progetto CONI/MIUR "Sport di classe", riservato alla scuola primaria e giunto al secondo anno di vita. I primi tre si terranno presso l'aula magna del Comitato Coni Lazio, in via Flaminia nuova 830 e saranno così suddivisi: 14 marzo (dalla A alla D), 17 marzo (dalla E alla O), 18 marzo (dalla P alla Z). Orario dei lavori dalle 10 alle 13. Previsti appuntamenti anche per le altre province: provincia di Latina - 17 marzo - presso I.C. Don Milani a Terracina, via Olivetti 41; provincia di Viterbo - 18 marzo - presso la sede del Coni Point a Viterbo in via dei monti Cimini 19; provincia di Frosinone - 21 marzo - prsso l'I.S. Brunelleschi Da Vinci in via Piave 39 e infine provincia di Rieti il 22 marzo presso gli uffici del Coni Point sabino in via Fundania. Anche per questi incontri l'orario previsto è quello 10/13.

FABIO BERTOLACCI - Premio Cosimo Impronta
I Bertolacci hanno lo sport nel DNA. Angelo, papà di Fabio, fu campione di ciclismo ai tempi di Coppi e Bartali, e nel suo curriculum spicca un campionato italiano di inseguimento su strada, vinto nel 1954. Andrea, suo figlio, è diventato in pochi anni uno dei giovani calciatori più quotati della serie A e oggi veste la maglia Milan e della Nazionale. Fabio Bertolacci, classe 1960, ha un presente da imprenditore e dirigente sportivo e un passato (recente) di campione di offshore. «Amo gli sport impegnativi» afferma sbrigativo quando gli chiedi come nasce l’insolita passione per i bolidi del mare. All’inizio erano i viaggi-avventura in luoghi esotici e remoti, poi la decisione di passare dalle spedizioni alle gare. Così sono arrivati due titoli italiani consecutivi, un europeo, e un mondiale nel 2010, nella categoria 2 litri, in coppia con Claudio Baglioni, romano come lui, anche se non canta. Abbandonate le competizioni, per il delegato regionale della Federazione Motonautica l’elemento acqua continua però a esercitare un’attrazione irresistibile. Da quattro anni è l’infaticabile organizzatore di “Sport in Famiglia”, kermesse ludico-sportiva multidisciplinare che si tiene al laghetto dell’Eur, ma appena può raggiunge i suoi giovani allievi della scuola di motonautica per trasmettere consigli ed esperienza. Un bagaglio prezioso, che ha permesso agli under 14 della CAST SUB Roma di dominare nell’ultima edizione del Trofeo CONI a Lignano Sabbiadoro.
rosaria capodici - Premio Andrea Pesciarelli
Quando ha compiuto 60 anni, la Federazione ha provveduto a modificare il regolamento, permettendole di continuare ad esercitare la professione di “direttore di gara”. A dieci anni di distanza giura di non voler chiedere altre proroghe, e di accontentarsi in futuro dei circuiti regionali. Con il 31 dicembre 2015, a norma di legge, sono scadute le sue credenziali, e forse per qualche giocatore questa sarà stata pure una bella notizia. Infatti, Rosaria Capodici, romana, prima donna arbitro nel mondo delle bocce, si è meritata sul campo la fama di giudice imparziale, ma soprattutto inflessibile. «Rosaria Hitler, mi chiamavano. Sarà che noi donne non giochiamo, e applichiamo alla lettera il regolamento». In Italia ad esercitare ora sono in tre, delle quali una è sua figlia Nadia, che vive a Torino. Contagiata a sette anni da un papà fuoriclasse («poteva andare a bocciare sia di raffa che di volo»), dopo una breve esperienza da giocatrice, Rosaria a 38 anni diventa il primo giudice in gonnella d’Italia, primato che conserva per 15 anni. In un ambiente declinato per lo più al maschile, la Capodici è costantemente tra i venti direttori di gara più importanti del Paese, chiamati a giudicare ogni anno al Premio FIB. In una di queste occasioni, per aver corretto la decisione di un arbitro che aveva dato per buona una “boccia di volo”, si guadagnò il silenzio risentito del giocatore che si era sentito defraudato. «Era mio padre – ricorda oggi – e non mi parlò per un mese».